Psicologia Transculturale (Etnopsicologia)
Nell’attuale tessuto sociale sempre più multietnico, in cui si è venuti a conoscenza di nuove culture più da vicino è essenziale costruire strumenti che ci permettano di ascoltare in modo partecipe il racconto che le persone fanno di sé al fine di imparare a conoscere e riconoscere il sapere nuovo che le accompagna.
Emigrare significa trovarsi a metà strada tra due culture, cercando un modo di trapiantarsi nella nuova terra, con la necessità di non rinunciare a sé stessi e alla propria identità d’origine. Un fenomeno di questa portata evidentemente comporta l’attraversamento di determinati percorsi psichici e anche possibili manifestazioni di disagio.
Anche la seconda generazione di immigrati si trova ad integrare interiormente le due diverse appartenenze culturali e a riconoscerle entrambe come proprie: la prima proveniente essenzialmente dai genitori, la seconda proveniente dal luogo in cui l’individuo è cresciuto.
Compito della psicologia transculturale (o etnopsicologia) è quello di creare uno spazio terzo in cui possano essere trattati, in un va e vieni dinamico, i conflitti suscitati dal divario culturale proveniente da culture diverse, al fine di trovare dei compromessi validi per entrambi le parti: attualità e tradizione, cultura d’origine e cultura dove l’individuo vive.
Il lavoro dell’etnopsicologo richiede un importante “decentramento” da sé e dai propri schemi di categorizzazione della realtà, creando dei ponti con il codice culturale dell’etnia d’origine del paziente e con il suo psichismo sofferente. L’importante è considerare la persona nella sua individualità ed unicità, valutando la sua diversità culturale e comprendendo il modo singolare di espressione del proprio disagio.
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